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COLDIPASTINE
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Massimo gero
Luca Tambella
COLDIPASTINE
di NOTTE di Mauro Perugini
COLLE 2019
foto di Mauro P.
FOTOconDrone
di Francesco Rocchi
INTRODUZIONE
 
La notte tra il 12 e 13 dicembre 2011 è stata per me una notte insonne. Dal punto più profondo delle locazioni della mia memoria sono tornati a vivere pensieri che avevo già sviluppato qualche anno prima. Questa volta li sentivo più forti, più convinti e chiari. Il giorno seguente mi è sorto il dubbio: Forse si è trattato di un sogno!? Ma i sogni, normalmente, si manifestano ad occhi chiusi e nel corso del sonno più profondo in determinate situazioni e condizioni fisiche che sono allo studio di scienziati da oltre cento anni, soprattutto per quanto attiene al significato. Quando ciò avviene, al risveglio sembra di aver vissuto realmente quell'evento ma quando in seguito provi a ricordarlo spesso ci sono immagini confuse e non più ricostruibili in modo totale. Quello di cui voglio parlare non è un sogno ad occhi chiusi bensì un desiderio che da quella notte in poi si è sviluppato, con maggiore insistenza, giorno dopo giorno ad occhi aperti. Ad occhi aperti verso il passato per cercare di ricostruire quello che non ho mai visto ma che era ed è nella mia immaginazione. A proposito dell’immaginazione, pensate da quanti anni nel mondo intero, in corrispondenza del periodo natalizio per rievocare la nascita di Gesù, si costruiscono presepi secondo l’immaginazione dell’ambiente di quel determinato luogo con montagne, pianure, personaggi, animali, tutto artisticamente realizzato secondo culture e capacità differenti. Nelle Chiese, nelle case, nelle piazze all’aperto, negli ospedali, negli istituti di riposo per anziani, nelle fabbriche, nelle miniere, in tutti i luoghi si realizza un “Presepio”. Nessuno è uguale all’altro come struttura e composizione, ma tutti stimolano la fantasia. Io ne ho realizzati due particolari dopo tanti anni nei quali, per quanto mi impegnassi, facevo sempre lo stesso presepio. Le immagini che seguono mostrano due strutture di Coldipastine, realizzate entrambi su scala, in base alle reali misure. La fantasia si è sviluppata per avvalorare quello che nella mente era già presente anche senza dati numerici o riferimenti ben precisi: dove e come sono vissuti quelli che hanno creato questo luogo, come è vissuto il mio trisavolo, il mio bisnonno, mio nonno, ed infine mio padre, sono curiosità che ti permettono di valorizzare il tuo stato di vita sociale, culturale e di ciò che circonda la tua reale contemporaneità. Pensare ciascuno al proprio percorso, almeno quello del passato più recente, è di grande stimolo verso la continuazione di un cammino che non vuole e non deve fermarsi. La radice si è sviluppata e si può ramificare in diversi siti ma il legame, la linfa che alimenta la sua crescita, necessita di un continuo alimento, sia in termini fisici che psicologici. Il superamento degli ostacoli nel corso della nostra esistenza necessita di una forza che probabilmente è già stata sperimentata e collaudata in precedenza. Il mezzo non sarà più lo stesso ma i fondamentali costruttivi non sono mutati. Per quanto attiene a questa realtà, quella di Coldipastine, li andremo a conoscere partendo da questa immaginazione per poi provare a concretizzarla con qualche informazione e dare così una valutazione nel suo insieme. Come già detto era da molto tempo che questo sogno/idea mi frullava nella mente, pertanto ho deciso di provare a cercare delle informazioni presso l'archivio comunale di Sarnano, per poi affidarmi ai miei ricordi ed ai racconti ascoltati nel corso degli anni. È per merito di questi ultimi che il mio racconto può essere definito come "storia". Tale racconto-storia copre un periodo di circa quattro generazioni ma il vuoto di notizie degli anni precedenti è notevolmente più ampio e forse anche più interessante. Così ho deciso di ricostruire con maggiori informazioni possibili e con l'aiuto della fantasia, l'origine e l'evoluzione della vita in questo luogo, il mio luogo di origine. Era importante iniziare e questo è ciò che sta avvenendo, con la speranza che qualcun altro voglia, in seguito, continuare e così altri e altri ancora. Così proseguendo tutto sarà più interessante e stimolante. Non ci può essere un seguito se non crei un inizio. Senza il passato non si può interpretare in modo giusto il presente e allo stesso tempo, associarlo al futuro. Per poter andare fino alla fine dei tuoi giorni hai bisogno di sapere da dove vieni ed esserne sempre orgoglioso. L'insieme delle persone e con esse le varie vicissitudini, forma un unico corpo vivente e, all'interno di esso, si insedia l'anima come elemento primario e insostituibile per le realtà future. Da questo invisibile punto dell'universo sono nate tante anime che ora, con le successive generazioni, si sono insediate in molteplici realtà differenti, creando a loro volta un insieme concatenato con il passato. Possiamo quindi immaginare numerosi DNA che si sono uniti ad altri provenienti da insiemi formatisi in località più o meno distanti. Al contrario invece, per tanti anni, le generazioni precedenti avevano mantenuto visibile il confine di espansione generazionale, non immaginando minimamente che si potesse un giorno pensare ad una sorta di globalizzazione anche per questa piccola realtà. A quelle generazioni ormai lontane dai nostri occhi dobbiamo far sentire la voce del nostro cuore attraverso azioni che sentiamo possano essere da loro condivise. Il patrimonio di esperienze e di cultura che ci hanno lasciato, maturato con le innumerevoli avversità delle pestilenze, i terremoti e le guerre, non possiamo e non dobbiamo ignorarlo se vogliamo almeno trasmettere alle generazioni a venire, da dove proviene il nostro essere attuale. La mia sensibilità mi ha indotto a scrivere queste pagine e spero nella Vostra per poter dire tutti insieme, ai nostri antenati, che il loro passato ci inorgoglisce poiché ci ha permesso di impostare e costruire il nostro futuro. Facciamo che anche questo nostro passaggio possa essere accolto e valutato con lo stesso orgoglio dalle generazioni a venire. Struttura in scala, (casa di Coldipastine) realizzata con polistirolo, legno, plastica e cartone. (utilizzata come presepio a Roma) Struttura in scala (Chiesa di Coldipastine) realizzata con polistirolo, legno, plastica e metallo (utilizzata come presepio a Coldipstine)
L'origine del nome
Il nome Pastine deriva dal latino "pastinare" che significa dissodare la terra, praticarvi uno scasso. In questo documento si parla di strumento biforcuto, di vangare o scassare la terra. Si parla di una sorta di albero di castagno, Pastinése , cosi chiamato perché piantato con una procedura di pastinazione, ossia dopo scasso del suolo. Tali strumenti saranno probabilmente quelli che noi oggi chiamiamo bidente e vanga, entrambi usati per la semina, per lo scasso e per rivoltare la terra. Pastinato dal latino pastinatus-us, significa "dissodamento"; Il Contratto di Pastinato è un contratto agrario medievale a medio termine per l'uso di un fondo agricolo a fini di coltivazione che si diffuse tra il X e il XIV secolo in diverse aree, fra le quali notabilmente, l'Italia meridionale. Tale contratto prevedeva una durata di 10 anni con l'obbligo per il concessionario (pastinatore) di dissodarle, di scavarvi i fossi per le acque e di piantarvi alberi da frutto e viti, in cambio del godimento del raccolto e senza pagamento di alcun canone. Scaduto il termine, il concessionario delle terre era libero di renderle o di conservarne il possesso e in questo caso doveva dare al concedente un compenso consistente generalmente in una parte dei frutti. Si presume pertanto che questa realtà risale a molti anni fa e che il nome Coldipastine sia stato dato in seguito unendo al nome "Pastine" il termine "Colle" cioè la collina su cui si trova questa realtà; la fusione di queste due parole e il successivo cambiamento della lingua parlata ha dato origine all'attuale e significativo nome "Coldipastine". In alcune piantine topografiche viene riportato il nome "Coldipastena" poiché, come andremo a scoprire, il nome inizialmente era “Pastena”. F 124 della Carta d'Italia (Istituto geografico militare) Aerofotografia del 1954 La prima parte del nome, come già detto, si riferisce sicuramente alla posizione della frazione che si estende sopra un'altura a circa 700 metri sul livello del mare e si trova tra due grossi ruscelli asciutti che permettono lo scorrimento dell'acqua durante le abbondanti piogge autunnali. Il documento riportato nella pagina che segue è conservato nell'archivio comunale di Sarnano al numero 81 della voce "chiese scomparse". Qui si legge "Trovato il Santo Sedio a Pastine". Era il 1562. Si tratta del Sant'Eusebio, il Santo della omonima chiesetta, completamente ristrutturata di recente, situata nella frazione Brilli. Probabilmente però la storia di Pastine inizia tanti anni prima come testimoniano le ricerche pubblicate da Emanuela Di Stefano su: "Dinamica del Popolamento in una comunità dell'Appennino centrale". Da esse risulta che già dal 1272 la località, qui denominata "Pastena" era contrassegnata con il numero 42 su una piantina riportante gli insediamenti del distretto sarnanese, così pure con il numero 34 viene segnalata la località "villa Sancti Eusebii". In quel tempo il distretto sarnanese comprendeva ben 51 insediamenti tra "castrum, castellare, ville, vicus e casale".
3 - Il Primo insediamento
 
I due centri, "Pastena" e "villa Sancti Eusebii" evidentemente nel 1272 erano già attivi ma ovviamente, ricostruire con esattezza il giorno del primo insediamento, è di estrema difficoltà. Tuttavia questo è il mio racconto, frutto della mia immaginazione. Anche se Albert Einstein affermava che “l’immaginazione è più importante della conoscenza”, io penso che, se non più importante, sarà sicuramente, interessante. Partendo da questi riferimenti, dalla data di origine del distretto di Sarnano (fissabile tra il 1218 e il 1265) e dalle innumerevoli epidemie avvenute in quel periodo e dopo, si può azzardare il 1270 come data d'insediamento delle prime anime in questa località. Si trattò di insediamenti di pastori provenienti dalle vicine zone di alta montagna. La neve e il freddo del lungo periodo invernale, rendevano la vita particolarmente difficile per loro e per le greggi, così decisero di trasferirsi in luoghi più vivibili. Le pecore nel recinto All’inizio erano in sei, tre uomini, due donne e una bambina di sette anni. Uno dei tre uomini era molto giovane, i suoi genitori lo avevano lasciato a seguito di una brutta malattia quando lui aveva appena compiuto cinque anni. Non sapeva nemmeno il proprio nome ma lo chiamavano Jonottu proprio per virtù della sua giovane età. Ora aveva appena compiuto undici anni. Gli altri due adulti, uno si chiamava Demetrio, mentre l’altro Ericle. La donna, moglie di Demetrio si chiamava Nerina. Lei, una donna ben formata, aveva occhi e capelli neri. La sua lunga treccia arrotolata dietro la testa sembrava una grossa cipolla. L’altra, era la moglie Coldipastine dal primo insediamento ai giorni nostri - 8 - di Ericle e si chiamava Melissa. Una bellezza incantevole, aveva gli occhi di colore verde scuro e capelli castani. Usava tenerli sciolti lungo la schiena, sembrava una lucente coda di cavallo. La bambina di sette anni si chiamava Ermellina era figlia di Ericle e Melissa. Il suo nome sembra voler comprendere la fusione delle iniziali dei loro genitori (Er- Mel- lina), ma forse è una pura coincidenza. Demetrio e Nerina invece non avevano ancora avuto figli. Il periodo iniziale per questi pastori fu certamente intenso di attività: cercarono un posto di insediamento il più riparato possibile dal freddo, tagliarono alberi e sterpi di ogni genere, costruirono capanne per l'alloggio e ripari per gli animali. Ripulirono lo spazio più prossimo alle loro capanne per ragioni logistiche e per avere un eventuale area da poter coltivare. Una visione dei primi insediamenti. Scendere dalla montagna portò loro numerosi vantaggi tra i quali sicuramente il contatto più continuo con la comunità di Sarnano e la maggiore possibilità di scambiare i loro prodotti (latte, formaggio, lana ) con altri (cibi, vestiti e servizi di vario genere). Tali fattori consentirono loro di crescere dal punto di vista economico e culturale. Negli anni successivi cominciarono a Coldipastine dal primo insediamento ai giorni nostri - 9 - spaziare nei terreni circostanti, individuarono altri posti di pascolo e di coltivazione, ripulirono i terreni da sterpi e pietre e le accumularono per costruire ripari come qualcuno prima di loro aveva già fatto nei luoghi vicini. A Sarnano intanto, dopo un periodo di forte diminuzione della popolazione, cominciava a svilupparsi un graduale e continuo incremento della stessa. Ciò probabilmente fu dovuto alle concessioni applicate dal comune di dispensare i nuovi insediamenti, dal pagamento delle imposte per un periodo variabile dai 3 ai 12 anni. (un sistema che viene praticato anche ora in molte zone del nostro paese Italia ma senza una regola scritta) Nella località di Pastena, Ermellina e Jonottu si erano fidanzati e dopo pochi anni, nel mese di Aprile del 1284, si unirono in matrimonio. Jonottu, per potersi sposare dovette prima effettuare il rito del battesimo, ricevere un nome e la conseguente registrazione. Il suo nome ora era Amintore. Un nome di origine greca “Amyntas” che deriva dal verbo amynein “difendere, proteggere” traducibile in “colui che protegge”. Quella di Amintore ed Ermellina è la prima coppia di sposi di Pastena. Dopo nemmeno un anno dalla loro unione, gennaio 1285, a Pastena sboccia il primo seme. Nasce il primo cittadino di questo luogo e viene battezzato con il nome, Amerito. Anche in questo caso come costruzione del nome viene usata la formula della fusione delle prime due lettere dei nomi dei genitori “Am” di Amintore e “Er” di Ermellina. Proprio come avevano fatto i genitori di Ermellina. Amerito è anche il nome di un particolare tipo di granito prodotto in Cina. Possiamo quindi associare questo nome come la prima pietra del luogo. Una robusta colonna di indistruttibile granito. Quell’anno il freddo e la neve furono particolarmente intensi. Erano tanti anni che non si verificava un inverno cosi freddo e cosi lungo. La neve ed il freddo continuò fino a fine febbraio. Amerito tenuto costantemente stretto nelle braccia della mamma e vicino al fuoco, non si ammalò anche perché protetto dal nutrimento del latte materno. Intanto, dopo due anni, Amintore ed Ermellina mettevano al mondo un secondo maschietto a cui viene dato il nome di Pericle, siamo nel mese di marzo del 1287. Il nome di questo secondo frutto della prima coppia di questo luogo, deriva dal greco Coldipastine dal primo insediamento ai giorni nostri - 10 - “Perikles” che significa “circondato di gloria”. Cresceva la famiglia e il papà Amintore aspettava con ansia lo sviluppo dei suoi figli sperando un giorno potessero alleviare le sue fatiche. Finalmente nel 1290 si realizzò anche il desiderio di Ermellina mettendo al mondo una bambina. La chiamarono Donata. Un nome di origine latina dato solitamente ad un figlio molto atteso. Tutti usavano chiamarla Donatella. I nonni di Amerito, di Pericle e di Donatella, impegnati sempre di più nei lavori della terra, godevano con loro soltanto pochi minuti ogni sera prima di andare a letto. Siamo nel 1293 Amerito aveva appena compiuto 8 anni e già si rendeva utile per la famiglia. Portava le pecore al pascolo e talvolta andava con il padre nei boschi a raccogliere la legna. Attività che lui faceva con tanta passione poiché amava la natura, ne era affascinato. Continuamente faceva domande al papà, il quale talvolta, faceva fatica a trovare le appropriate risposte. Anche Demetrio e Nerina avevano formato una promettente famiglia. Ebbero una bambina come primogenita e, dopo una pausa di quattro anni, spuntarono due bei gemelli maschi. La femmina si chiamava Maida, il nome di un comune in provincia di Catanzaro (Calabria), che sorge su una collina tra due fiumi Jayari a ovest e Cottola a est. I due gemelli, uno Sostene, il cui nome deriva dal greco Sosthenes composto da sos, sano, e sthenos, forte. (sano e forte), e l’altro Lisandro che deriva dal prenome greco (Lysandros) ed è composto da lysis, "liberazione" e andros, "uomo". Il significato viene solitamente interpretato come "liberazione dell'uomo". A parte queste differenze i due, nel corso degli anni, si somigliavano sempre di più sia fuori che dentro. Avevano gli stessi difetti: testardi, chiusi e taciturni; E gli stessi pregi: alti, robusti e molto attivi; Per fortuna non avevano gli stessi gusti in merito alle donne. Sostene scelse come sua compagna una bella bionda, una ragazza appena arrivata nel luogo che proveniva dall’alto Abruzzo che si chiamava Assunta. Abitualmente chiamata da tutti “Assuntarella”. Il nome Assunta si è diffuso in tutta l’Italia ma in modo particolare nel meridione. Il nome trae dal latino “absunta”, ovvero “assunta in cielo” , “presa su” che riflette la devozione per l’Assunzione in cielo, anima e corpo, di Maria Vergine. Come noto si festeggia il 15 di agosto. Lisandro invece fu attratto da una splendida ragazza mora che viveva nella vicina località di “Castrum Terri” (Terro). Si chiamava Nilde che significa “guerriera” dal sassone “Hilde”, il suo onomastico si Coldipastine dal primo insediamento ai giorni nostri - 11 - festeggia il 22 di marzo. Il padre Demetrio era un uomo alto e robusto particolarmente portato per la tosatura delle pecore. Lui con quelle strane forbici realizzava interi e compatti tappeti di lana, li assiepava uno sull’altro e li confezionava. Le pecore sdraiate fra le sue gambe si lasciavano accarezzare senza opposizione alcuna. Quando si rialzavano, con movimento lento del capo, si guardavano tutt’intorno con atteggiamento spavaldo. La tosatura Le pecore al pascolo Demetrio, diventato ormai famoso per la sua particolare produzione di lana, quando andava a venderla aveva sempre tanti acquirenti. Spesso la sua compagna Nerina andava con lui al mercato e in quelle occasioni ne approfittava per fare utili acquisti, specialmente per i loro figli. Lei inoltre era molto brava in tutte le faccende di casa ma in modo particolare si dedicava con passione alla mungitura delle pecore e alla produzione del formaggio. La mungitura delle pecore Il cerchio di legno La pizza di formaggio Maida dopo aver trascorso tanto tempo ad accudire i due fratelli gemelli, fece conoscenza con un giovane che abitava nella vicina località di “Villa Publicae ”, (Piobbico). Si chiamava Romualdo, un nome che deriva dal Latino Romualdos, “dominatore glorioso”, si festeggia il 19 giugno. Il loro rapporto di fidanzamento durò per Coldipastine dal primo insediamento ai giorni nostri - 12 - lungo tempo. Il giorno del matrimonio il padre organizzò una grande festa. Volle invitare, oltre ai parenti, tutti gli amici che gli venne in mente. Fu una giornata di grande allegria attivata e mantenuta vivace specialmente dagli amici, con canti balli e scherzose frasi allusive in direzione degli sposi e dei parenti più prossimi. Nei decenni a seguire, gli abitanti di Pastena, si impegnarono con maggior dedizione alla costruzione di un luogo più protetto e più ampio. Osservando attentamente le strutture delle abitazioni e delle capanne di questo luogo si può ipotizzare che la prima costruzione aveva una porta verso est e una parete completamente chiusa sul lato ovest (parzialmente protetta dallo scavo inizialmente prodotto) con piccole aperture per la luce e per una minima circolazione dell'aria. Sulla parte sud era invece presente uno spazio protetto dalle intemperie, dove poter alloggiare il loro piccolo ma prezioso numero di animali. Una visione di crescita degli insediamenti. Gli scambi commerciali andavano migliorando, così pure la loro vita. Altri solitari pastori si unirono ai presenti di questo luogo che migliorava di giorno in giorno, anche dal punto di vista dell’aspetto esteriore. Per queste famiglie, il confronto con le realtà vicine era il punto di riferimento per le decisioni importanti, per migliorare le condizioni e il sistema di vita. Coldipastine dal primo insediamento ai giorni nostri - 13 - Individuati anche dalle autorità comunali ed ecclesiastiche, molto attente e rigide nei loro regolamenti, dovettero sottoporsi alle registrazioni che le regole imponevano. Ebbero in affidamento terreni da coltivare e rette da pagare. Intanto altri pastori si erano insediati nel luogo, senza nessun ostacolo da parte delle famiglie esistenti. Alcuni ottennero la possibilità di costruire la propria casa sfruttando le mura esistenti. Si aiutavano gli uni con gli altri nella coltivazione delle piccole proprietà. Iniziarono a crearsi amicizie e parentele. Amerito, ormai giovanotto, amava frequentare le località più prossime e molto spesso si spingeva anche nel centro di Sarnano. Aveva fatto amicizia con i commercianti del luogo. Tutti lo avevano in simpatia e si servivano di lui come fornitore di latte e formaggi ma anche di legna da ardere per forni e camini. Anche suo fratello Pericle si affiancò a questi impegni che divennero sempre più pressanti. Un bel giorno di primavera mentre Amerito tornava da Sarnano, dopo aver consegnato un bel carico di legna portato con il suo somarello, nei pressi della località detta villa “Sancti Eusebii” (Brilli), udì una voce incantevole che cantava dei versi con profonda partecipazione. Volle curiosare per vedere la provenienza. La sua curiosità fu presto appagata poiché vide una bellissima ragazza che raccoglieva fiori di campagna e muovendosi elegantemente tra un fiore e l’altro intonava frasi di passione. Per evitare di interrompere quella bellissima melodia e quelle profonde parole d’amore, evitò di farsi notare. Mentre stava per riprendere il cammino il somaro fece dei rumori inconfondibili con la parte posteriore del suo corpo e dopo qualche attimo di silenzio, la ragazza, accortasi di essere stata osservata, fuggì velocemente verso casa. Amerito diede una pacca con la mano sulla schiena dell’asino e si mise in cammino fortemente scosso per tutto l’accaduto. Lungo il percorso, canticchiando lo stesso motivo della ragazza, non riuscì a distogliere il suo pensiero dall’immagine di quel volto. Nei giorni a seguire, ogni volta che andava a Sarnano, passando sempre per quella strada, non tardò a fare amicizia con quella ragazza che si chiamava Margherita. Nel giro di pochi giorni, la notizia era sulla bocca di tutti cosi che il fidanzamento ufficiale avvenne dopo brevissimo tempo. Ora Amerito, quando passava nei pressi dell’abitazione di Margherita si fermava per lunghe ore Coldipastine dal primo insediamento ai giorni nostri - 14 - a parlare con lei. Si incontravano ogni domenica e talvolta, accompagnati dai genitori di lei, potevano fare delle brevi passeggiate per il centro di Sarnano. Sono ormai passati più di 50 anni dall'insediamento, altre generazioni avevano accresciuto la composizione famigliare. Amerito si era sposato con Margherita e da lei aveva avuto già due maschietti, Dagoberto e Melezio. Dagoberto è un nome che deriva dal latino Dagobertus composto da Dagos che vuol dire “giorno” e bert che vuol dire “illustre”, “splendido”, “brillante”, significa quindi “splendido giorno” o in senso lato “splendente come la luce”. Melezio invece deriva dal greco (Meletios) basato su (Melete), “studio” e quindi vuol dire “studioso”. Le premesse per un futuro di buone prospettive e di espansione, per queste persone e per la località di Pastena, cominciavano a dare qualche segnale di positività.
4 - I giochi dei ragazzi
 
La prima espressione di cultura che si è sviluppata nel mondo è il gioco. Il gioco non ha età. Giocano i bambini, gli adolescenti, gli adulti, gli anziani ed anche i vecchi, in modi, attitudini e capacità differenti. Giocano gli animali, ciascuno secondo la loro natura in modo del tutto istintivo, con le regole dettate dall’ambiente naturale e dalle individuali capacità, lasciandosi guidare dagli eventi e dalle conseguenti sensazioni. Il gioco nasce come istinto naturale che si è andato modificando nel corso dei secoli. Giocavano gli antichi greci e i romani e i loro giochi sono ancora oggi praticati in moltissime realtà del mondo. Ciascuna realtà secondo la propria tradizione ha tramandato ed insegnato ad altri, regole e giochi da loro frequentati, che a loro volta, apportando modifiche, hanno contribuito alla diffusione nei vari continenti fino alle più piccole realtà del nostro pianeta terra. Il gioco, in sostanza, crea emozione a tutti i livelli di età, un senso di piacere di far parte del gruppo, di sentirsi protagonisti, di mettersi alla prova e di riuscire a superare le relative difficoltà e quindi di sentire un intimo piacere, un godimento, nel superamento delle stesse. Qui in questo luogo di Pastena i pochi ragazzi spesso giocavano insieme, maschietti e femminucce. Praticavano giochi semplici come il girotondo, l’altalena, il gioco con il cerchio, il gioco dei cinque sassi, il gioco con le noci, la ruzzola, la fionda, lo scarica botto. Inventavano regole per lo svolgimento del gioco e spesso, dopo accese discussioni, le modificavano, fino a trovare quelle più giuste. Con il rito della conta impararono cantilene ritmate tramandate di generazione in generazione. Sistemati in circolo, ciascuno apriva la propria mano con un numero di dita esposte e normalmente era Amerito che scandendo i numeri li sommava e poi cominciava la conta toccando sul petto i partecipanti con il ritmo della cantilena ed in fine si fermava sul prescelto. La sua abituale cantilena era: “Zucca pelata de cento capilli! Tutta la notte ce canta li grilli, ce la fa la serenata, viva, viva zucca pelata! Uno due e tre, a star sotto tocca proprio a te.” Le ultime conclusive parole venivano scandite una alla volta su ciascuno dei partecipanti. Il gioco non aveva inizio se questo rito non si concludeva con Coldipastine dal primo insediamento ai giorni nostri - 16 - l’accettazione di tutti. Sostene era sempre quello che aveva qualcosa da dire, specialmente se la conta ricadeva su di lui, e Donatella prendeva spesso le sue difese. Tutto ciò ritardava l’inizio del gioco e Amerito, che amava soprattutto sfruttare al massimo il tempo libero per giocare, faceva da paciere. Ed ecco che la gara prendeva il via; quel giorno si trattava del gioco da loro chiamato “tana”. Lisandro era stato il prescelto. Lui doveva contare fino a cinquanta senza guardare. Al termine della conta doveva cercare gli altri “stanandoli” toccando per primo un punto prestabilito, pronunciando la frase “tana per” seguita dal nome di colui che era stato avvistato. E il gioco continuava cosi come abbiamo fatto noi tanti anni dopo. Un gioco più individuale e molto praticato era quello con il cerchio. Si trattava di guidare un cerchio di vimini, comunemente usato per mantenere le doghe dei bigonci, non perfettamente circolare, e correre velocemente cercando di non farlo cadere in terra. Il gioco con il cerchio Giocavano a lippa utilizzando una piccola mazza di legno il più possibile rettilinea e cilindrica, del diametro di non più di 3 cm. e di lunghezza compresa tra 50 e 60 cm. e la lippa, consistente in un tronchetto di legno, più o meno dello stesso diametro della mazza, lungo circa 15 cm. e con le due estremità modellate a punta conica. Coldipastine dal primo insediamento ai giorni nostri - 17 - La lippa (lu nippu) Per il gioco dello scarica botto usavano un attrezzo realizzato con un ramo di sambuco di circa 20 cm di lunghezza completamente svuotato all'interno della sua parte più soffice e ben pulito lungo tutto il percorso, cosi pure la superficie esterna . Lo scarica botto (lu scarcavottu) Un giorno Amerito, Pericle, Maida, Donatella, Lisandro e Sostene, stavano giocando con la ruzzola. Quel giorno, si verificò un evento che provocò una sorta di litigio tra famiglie, genitori dei protagonisti. Ciascuno dei ragazzi aveva la propria ruzzola preparata con pazienza dai loro genitori. Coldipastine dal primo insediamento ai giorni nostri - 18 - Le ruzzole Anche loro avevano praticato quel gioco fino all’età matura. Le regole del gioco erano molto semplici: bisognava lanciare la ruzzola e fare in modo che la stessa potesse percorrere un tratto di strada più lungo possibile e comunque maggiore di quello degli avversari. I ragazzi avevano già effettuato tanti lanci, ridevano e si sfottevano l’uno con l’altro per i risultati ottenuti. Un lancio di Amerito fu fatale per Donatella, la ruzzola colpì un sasso e rimbalzò in modo scomposto andando a colpire la fronte della stessa. Un bel taglio che guarì in pochi giorni ma la furia delle rispettive mamme non si placò con la stessa rapidità. Per lungo tempo non si parlarono e si schivavano a vicenda. Ma come dice sempre il mio carissimo amico Paolo: “il tempo è un galant’uomo”, (con il passare del tempo le cose si dimenticano). I ragazzi invece continuarono a giocare con la stessa passione e allegria di sempre.
19 - I Primi Progressi
I cittadini di Pastena avvertono la necessità di accrescere l'allevamento sia in termini di numero che di potenzialità produttive. Apportarono diversificazioni nella coltivazione in virtù di una maggiore estensione e delle attrezzature disponibili. Frequentarono i più vicini punti ecclesiastici esistenti come l'abbazia di Piobbico e la Chiesa di Stinco. Nel corso del tempo, nella seconda metà del XIV secolo, altre costruzioni si aggiunsero alle prime. Per ragioni di risparmio e di maggiore protezione dal freddo, pensarono di sfruttare le pareti esistenti e costruire le abitazioni affiancate, allargandosi verso la parte nord e orientandole sempre verso est. Una collaborazione che cominciava a prendere corpo e si dimostrò utile a tutti. Quasi tutte le costruzioni avevano un unico piano in altezza. I ripari per gli animali più distaccati ma sempre con gli stessi orientamenti logistici. Siamo ormai oltre la metà del secolo XV, è il periodo del passaggio dell'Italia dall'età medievale a quella moderna. Il paese è suddiviso in Stati, diversi tra loro per estensione e regime politico. Un assetto politico deciso dalla pace di Lodi del 1454 e che durò per circa 40 anni. In quel periodo anche in queste zone ci fu una sorta di spartizione delle terre. Le frazioni di Piobbico e Stinco e tutte quelle al di qua del fiume Tennacola (lato nord) furono aggregate alla comunità di Sarnano, quelle al di là (lato sud) restarono sotto il controllo di Amandola. La storia del nostro paese e di tutta l'Europa è stata suddivisa in quattro grandi epoche: l'epoca antica, quella medievale, quella moderna e quella contemporanea. La fine del medioevo, durato circa mille anni, lascia lo spazio all'epoca moderna che inizia proprio con il Rinascimento nato nella città di Firenze sviluppatosi velocemente in tutta Europa. I mutamenti che si verificarono in Italia e in Europa determinarono conseguenze in tutte le realtà di questo insieme. Come dire che se nevica in montagna, anche a bassa quota scende la temperatura. Coldipastine dal primo insediamento ai giorni nostri - 20 - Iniziò il periodo delle guerre dette guerre intestine perché si verificarono all'interno della nostra penisola e tra le varie regioni, causate dal re di Francia Carlo VIII che scese in Italia a capo di un esercito di 25.000 uomini per riconquistare il regno di Napoli. Riuscì nel suo intento proprio perché alcuni stati vedevano di buon occhio questo disegno e altri no. A Pastena il tempo continua a trascorrere all'insegna del miglioramento, sia per lo scambio dei prodotti derivanti dall'attività di pastorizia e di coltivazione che per l'estensione dei terreni da coltivare. In questo periodo, nel luogo, vivevano otto famiglie. Il numero delle persone tra adulti e bambini era di circa quaranta unità. I maschi sono in maggioranza. Il tenore di vita era lievemente migliorato. Il lavoro, in conseguenza delle aumentate esigenze, era sempre più faticoso. Il sistema dell’aiuto reciproco aveva preso piede in modo definitivo. Quella comunità si stava sviluppando come un’unica famiglia.
La casa di Piadalaga
Ormai il bestiame da pascolare era notevole, muovere il gregge ogni giorno diventava faticoso per se stessi e per gli animali. Un punto sotto la montagna chiamato "Piadalaga", tante volte esplorato ed utilizzato per il gregge, fu scelto da un discendente della famiglia di Amintore. Si chiamava Augusto, un nome di origine latina molto diffuso in quei tempi. Lui rappresentava la sesta generazione di Dagoberto, figlio di Amerito, nipote di Amintore. Un giovane basso e magrolino ma con spiccate qualità di innovazioni. Si trasferì con la sua famiglia, la moglie Marianna e due figli, un maschio di 8 anni, Vincenzo, ed una femmina di 6 anni Caterina. Qui il gregge aveva modo di spaziare in un'area molto comoda e prolifica e l'acqua si trovava poco distante. Bisognava solo crearsi un riparo. Nella zona trovarono pietre di ogni genere e con poco tempo vi costruirono una casa ed un capanno per il gregge. Dai racconti tramandati di generazione in generazione sembra che le pietre furono trovate poco distanti accatastate l’una sull’altra come se spuntassero dal terreno formando una gigantesca croce. (Forse per questa ragione quel posto ora viene distinto con il nome “Croce”). Poteva trattarsi forse di una sorta di protezione per i confini dei terreni o chi sa cosa. Si può certo affermare che nella zona, in certi punti dei percorsi stradali, ci sono tutt’oggi grosse pietre che in qualche punto formano dei parapetti ben sistemati. Quella casa era il luogo dove trascorrere tutto il periodo primaverile fino alle soglie dell'inverno. Nel periodo invernale, in presenza di piogge e neve, gli animali rimanevano al coperto all'interno del più riparato centro abitato di Pastena dove Augusto con la sua famiglia tornavano a vivere all’interno della casa paterna insieme al suo fratello minore Otello, da poco sposato con Maddalena proveniente dalla località di Piobbico. In quella località chiamata Piadalaga, Augusto poté svolgere una fiorente coltivazione di grano e granturco. Fu il primo ad avere un grosso ricavato da questo tipo di coltivazione. Nei terreni sottostanti altri avevano già tentato ma con risultati meno incoraggianti. Augusto aveva utilizzato mezzi e bestiame, per arare quel terreno quasi pianeggiante. I terreni sottostanti erano proibitivi per questo tipo di aratura poiché molto pendenti. Augusto raccoglieva anche tanto fieno per il bestiame e tanta legna. Il bosco era li a due passi e, poco alla volta, ne tagliava il necessario per il suo fabbisogno e per le richieste dei cittadini di Sarnano. Raccoglieva frutta, mele, mandorle, nocciole e ciliegie. La zona divenne in breve tempo uno spettacolo di colori e vegetazione variegata. Nel corso degli anni successivi, di generazione in generazione quel posto poté essere abitato in modo continuativo per tutto l’anno e per molti anni. Ma purtroppo nel corso del secondo conflitto mondiale, dopo essere stata utilizzata come rifugio militare, quella struttura, costruita e mantenuta con tanti sacrifici, fu completamente abbattuta. I miei occhi non hanno mai visto quella casa e quel luogo nei momenti più esaltanti ma soltanto un cumulo di resti e qualche albero da frutto. L’immagine che vedete, di seguito riportata, è una ricostruzione scaturita dai racconti fatti da chi invece ha goduto di tale visione e che io ho ascoltato con profonda attenzione.
Villa Paciotta
Siamo nel 1510, come già detto, è in vita attiva l’ottava generazione, dopo il primo insediamento in questo luogo. Proprio nel corso di quell'anno si verificò un evento particolare per tutti i residenti del luogo: dalla montagna, un luogo situato tra Montefortino e Amandola, un personaggio quantomeno singolare si presentò a Pastena con dei cavalli e con l'intento di stabilirsi lì. In breve tempo gli abitanti di Pastena si resero conto che con questo personaggio non si poteva scherzare, aveva delle capacità particolari: riusciva a far vedere le cose e poi a farle sparire. Era un mago e poteva anche gestire le volontà altrui. Scelse un'area dove alloggiare e la occupò. Scelse un luogo dove posizionare i suoi cavalli e ottenne la concessione da parte di tutti. Il suo alloggio si ampliò in breve tempo, fu il primo a realizzare una costruzione tutta in pietre su due livelli con grosse travi di legno e due ampie aperture per le finestre rivolte verso est. La sua abitazione era una villa, si chiamava "Villa Paciotta". Non coltivò mai terreni, il suo unico scopo era dedicarsi ai suoi cavalli e a due grossi muli. Fu per mezzo dei suoi muli che poté portare tante grosse pietre per realizzare la sua bella e robusta villa attaccata alle mura della piccola casa di Otello e di suo fratello Augusto. Questo personaggio rimase nel luogo per circa trent’anni; furono quelli anni densi di contrasti con i cittadini delle realtà abitative più prossime. Per i cittadini di Pastena però furono anni molto proliferi di raccolti. Diverso invece fu per i raccolti delle vicine località. Fu in quel tempo che al luogo di Pastena venne attribuito un appellativo non proprio benevolo, “Collecattìu” . Si era creato un senso di paura, nessuno osava parlar male di quel posto e tanto meno delle persone che lo abitavano. Quel personaggio lasciò la frazione in modo improvviso verso la prima metà del XVI secolo, senza dire nulla a nessuno. Il tempo della sua permanenza nel luogo fu relativamente breve ma le sue gesta sono state tramandate di generazione in generazione. Il suo nome era Massà e si è detto che discendesse da nobile famiglia e che avesse il libro del comando. La sua abitazione "Villa Paciotta" non fu occupata da nessuno per lunghissimo tempo. Dopo 500 anni esatti dal suo insediamento, ormai fatiscente e abbandonata a se stessa, quella misteriosa costruzione, nel mese di settembre del 2010, è stata abbattuta anche per evidenti ragioni di sicurezza. Tra i resti, mentre lo scavatore alzava pietre e oggetti di varia natura, è emerso un libro nero. Io ero li, ho assistito con stupore a quella toccante apparizione. Non è il libro del comando, ma data la casualità, lo conserverò per la storia. (Per maggiori dettagli su racconti e storie recenti potete visitare il sito internet www.coldipastine.it) L’ingresso della villa sulla destra della pala dello scavatore. Dietro quella parete, sulla parte alta c’era la cucina con camino e lavabo.  Un momento della demolizione del piano interrato, sopra c’era un grande salone. Parte dell’area di tutta la struttura completamente liberata. La parete di fronte risale a oltre 500 anni fa. Area dedicata a stalle e fienili.  Il libro tirato fuori dalle macerie proprio
L’espansione delle Case
La popolazione di Pastena, dopo l’esperienza vissuta con quel particolare personaggio, continuò il suo cammino. Con l'esempio di Massà, volle realizzare un piano superiore nelle loro strutture abitative, lasciando quello inferiore per il bestiame, molto comodo specialmente per il periodo invernale. In questo modo avevano il vantaggio di avere vicino il bestiame da accudire e il calore dello stesso faceva sì che la temperatura dell'abitazione fosse meno rigida. Le generazioni si moltiplicarono velocemente e così l'esigenza di nuove costruzioni. Tutta la zona verso nord era completamente occupata, ognuno aveva il proprio orto, i terreni coltivati aumentavano di giorno in giorno, in particolare le coltivazioni di grano e granturco. Oltre alle pecore, qualcuno più facoltoso, poté acquistare un mulo o un asino per il trasporto della legna dal bosco. Tutti si organizzarono per l'allevamento di polli e altri animali domestici. Ormai erano tanti quelli che si potevano permettere di allevare un maiale. La cacciagione non era più l'unica tipologia di carne da mangiare. Una visione più completa come numero di insediamenti. Coldipastine dal primo insediamento ai giorni nostri - 28 - Proprio mentre scavavano per realizzare nuove costruzioni, nel 1562, trovarono il "Santo Sedio". Una scoperta di cui ho mostrato già una testimonianza trovata dalle ricerche effettuate nell’archivio di Sarnano. Fu così che dopo questo evento, la volontà popolare degli abitanti di Pastena, Brilli e Forca ottenne la ricostruzione della Chiesa, in onore del Santo, proprio la dove si trovava circa 500 anni prima. Sembra infatti che poco oltre l'anno mille la Chiesa di Sant' Eusebio fu demolita dai monaci dell'Abbazia di Piobbico con la concessione, da parte del Vescovo Ugo di Camerino, di poter utilizzare tutto il materiale. (fonte: appennino camerte 1984) Visione della chiesa negli anni tra il 1950 e il 1953. Siamo alle soglie del XVII secolo, nella Chiesa di Stinco dedicata alla Madonna Addolorata si celebravano i sacramenti del battesimo, della cresima, della comunione e del matrimonio per i cittadini di Piobbico, Stinco e Pastena. Dalle registrazioni di questi sacramenti, tramite Don Alfredo Arcangeli ho avuto alcune date di battesimo dei miei predecessori, fino al mio trisavolo. Penso vale la pena consultare questi registri e soprattutto evitare che vadano persi.
L’uso del cognome
Le nuove generazioni femminili di Pastena, ragazze forti e ben modellate, conquistarono i giovani del luogo e quelli delle realtà più vicine, formarono famiglia, incrementarono la popolazione e le parentele. Così pure fecero i giovani ragazzi. Tutto ciò rese indispensabile la definizione del proprio gruppo con un nome comune che potesse definire l'appartenenza al gruppo stesso. Da qui nacque l'uso del cognome anche per i gruppi di Pastena. Per l’assegnazione di un cognome o di un secondo nome, come si diceva in quel tempo, non fecero particolari sforzi mentali: alcuni aggiunsero il nome del padre, altri quello del mestiere e altri ancora quello del luogo di provenienza. Questo sistema, tra l’altro, veniva applicato in tutta l’Europa, forse in tutto il mondo. Infatti troviamo che il cognome Schumacher significa calzolaio con la fusione di “Shoes macher”, cosi come Wagner significa costruttore di carrozza da “Wagon macher”, (macher in tedesco vuol dire “chi fa”), o ancora Dupont (costruttore di ponti, “fabbro” in francese) e Chevalier (Cavaliere). Siamo nel corso del mese di giugno del 1660, la distinzione delle famiglie di Pastena con l'assegnazione di un cognome era stata completata con la formazione di otto gruppi. Questi otto cognomi formavano un totale di sedici famiglie con un numero di sessantasei unità di persone compresi i bambini che erano quindici. Purtroppo però al momento attuale non sono emersi collegamenti enunciabili tra i nomi delle persone, componenti le varie famiglie vissute in questo luogo, e i cognomi che successivamente si sono assegnati: Tarammelli; Perugini; Gentili; Salvatori; Tardella; Buratti; Rocchi; Giannini. E’ un vuoto che forse non si potrà mai sanare ma le ricerche non dovranno mai cessare. Il solco tracciato nel corso del tempo, dalle numerose generazioni precedenti, resterà come il letto di un fiume ad accogliere le generazioni a venire perché possano continuare sullo stesso percorso protetti dalle forti sponde pazientemente realizzate. In quel periodo il mondo esterno non offriva possibilità attraenti, bisognava fare i conti con quello che si poteva ricavare nella realtà del luogo. Intanto in Italia gli stati della penisola perdevano il primato economico, molti di questi erano sotto il dominio della Spagna. Solo il ducato di Milano, il regno di Napoli, di Sicilia e Sardegna erano autonomi. La Toscana era controllata dalle piazzeforti degli stati dei presidi che comprendevano Piombino, l'isola d'Elba e il promontorio dell'Argentario. Anche lo Stato Pontificio non attraversava un buon periodo, dovette appoggiarsi a quello che era l'alleato cattolico più potente per poter portare avanti la sua politica religiosa. Lo sviluppo urbano di Sarnano era in continuo aumento, le mura di cinta erano state ormai completate, le strutture pubbliche erano definite ed attive. Siamo ormai oltre la metà del XVII secolo, i cittadini di Pastena, oltre a dedicarsi alla campagna e al pascolo, affrontarono problemi di espansione e di consolidamento delle loro abitazioni. Decisioni e azioni indispensabili che permisero di migliorare il loro tenore di vita.
La trasformazione
La concentrazione del popolo di Pastena e quella dei dintorni del comune di Sarnano era incentrata alla scoperta delle risorse naturali nelle aree più prossime alle loro abitazioni. Sondarono terreni per scoprire nuove sorgenti d'acqua e piantarono vigne per la produzione del vino, una bevanda già assaporata alla quale non vollero più rinunciare. Già dai primi anni del XVIII secolo avevano raggiunto la completa autonomia in termini di produzione di generi di prima necessità. Pensarono con più insistenza alle strade, le resero più larghe e ne aumentarono il numero. Le variazioni apportate sia nelle aree coltivate che nelle sedi abitative furono notevoli. La trasformazione del loro mondo non ebbe mai cedimenti. Che il mondo sia stato creato o che si sia formato attraverso azioni e reazioni, questo è materia per scienziati; qui l'affermazione di trasformazione si può utilizzare in modo palese. Al posto di terreni rocciosi coperti di alberi spinosi ora ci sono abitazioni più o meno grandi. Dove piante di ginestre e di ginepri coprivano le aree più prossime alle abitazioni, ora ci sono terreni coltivati e ben curati. Anche i boschi cresciuti disordinatamente, ora sono puliti e pieni di alberi alti e più forti. Una trasformazione lenta ma continua, cresciuta con l'aumentare della popolazione e delle esigenze per una vita più consona all'essere umano. Non mancavano le sorgenti d'acqua, la prima necessità per la vita dell'uomo, ma erano lontane dalle abitazioni e non si era ancora provveduto alla canalizzazione con tubature, fatto che creò tanti problemi per molti anni a seguire. Le abitazioni, luogo di riposo e di riparo dalle intemperie per le persone e per gli animali, erano ormai costruite in pietre estratte dai fiumi e posizionate con cura, secondo una logica di mantenimento l'una con l'altra. Le pareti avevano uno spessore che variava dai 60 ai 90 cm, unite da un riempimento di terriccio e rena. All'interno dell'abitazione, un'unica stanza, utilizzata per cucinare e per dormire. La coltivazione dei terreni era incentrata sugli alimenti di sostentamento: il grano per farne farina per il pane, il granturco per la polenta e come mangime per alcuni animali di allevamento, le fave, la cicerchia, i piselli e le patate, per un nutrimento più completo e salutare. Non mancava la carne, quella della cacciagione la più ricorrente, e poiché l'attività primaria, oltre alla piccola coltivazione, era quella del pascolo, non mancavano certo il formaggio e la ricotta. Col passare degli anni maturarono la convinzione di accrescere gli allevamenti considerati come ricchezza primaria. Vendevano i capi più maturi per ottenere un po’ di liquidità indispensabile per fare acquisti di prima necessità per la famiglia e talvolta anche per acquistare attrezzi necessari per affrontare con maggiore efficienza le attività di lavorazione e coltivazione dei terreni. Questo in sostanza l’attuale orientamento e concentrazione.

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Alberto Tardella
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