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PROVERBI DIALETTALI
Proverbio, in latino significa, "Verbum" cioè  "parola". Una parola di esempio, un detto popolare che contiene un insegnamento. I proverbi sono un patrimonio di tutti , hanno avuto una diffusione a livello universale. Come si suol dire: " sono la scienza dei popoli". Sono stati tramandati per secoli, in tutte le lingue e innumerevoli dialetti. Quelli sottoelencati sono i più ricorrenti, citati in particolari situazioni o eventi locali.

proverbio in dialetto locale
significato e applicazione più ricorrente nel luogo

Vàtti lu ferru quanne è callu.


Il fabbro bette il ferro quando è caldo poiché si modella meglio. Se si fredda non si modella più. Si diceva questo proverbio quando qualcuno doveva prendere una decisione, lo doveva fare senza perdere tempo (se passa il momento buono potresti perdere l'occasione).

L'erba cattìa nun more mai.

Le piante dannose, come la gramigna, non muoiono mai, sono difficili da estirpare. Si enunciava quando qualcuno, considerato non proprio bravo (noto per le azioni compiute) resisteva anche ad un brutto momento di salute.

L'òcchiu de lu padrò 'ngrassa lu cavallu.


Quando c'è il padrone al cavallo non manca il cibo. Si diceva, con riferiemnto a qualcuno che, nel fare un determinato lavoro, mietitura, trebbiatura, ecc. ecc., se il padrone del terreno era presente, lavorava con più impegno.   

Quanno tròna da che parte piòe.

Quando si sente il tuono, da qualche parte piove.
Si enunciava in tante occasioni, sfoghi anali, per riderci sopra, o quando si parlava male di qualcuno, per dire che un minimo di verità ci doveva pur essere.
Aprì dòrge durmì.
Aprile dolce dormire.

L'erba de Lu vicì è sèmbre più verde.
L'erba del vicino è sempre più verde. Veniva detto spesso ai bambini che in casa d'altri mangiavano di più e/o ciò che non avevano mai mangiato.
A'nghe la cioètta vanda li fiji sua.

Pure la civetta, che è un brutto animale, vanta i propri figli. Si diceva cosi quando qualcuno parlava bene delle proprie cose o dei propri figli, tanto per ridere e/o per non dare soddisfazione.
Lu piantu de lu cuccudrillu.
Piangere dopo aver fatto qualcosa di sbagliato è come fanno i coccodrilli che piangono dopo aver mangiato i propri figli. Veniva detto spesso ai bambini che piangevano dopo aver ricevuto un rimprovero, o schiaffo, per aver fatto qualcosa di cui sapevano di non dover fare. Se invece doveva essere rivolto a persone adulte, si diceva di nascosto.
Chi cià lo pà nun 'cià li denti.
Chi ha il pane non ha i denti. Cioè chi ha le possibilità non ha capacità o grinta per sfruttarle. Succedeva anche qui, qualcuno che aveva attrezzature per lavorare ma non tanta voglia di farlo.
Comme disse la gòrba a li amati fiji, quonno a
picciù e pullastri, quanno a grilli.
Come disse la volpe ai suoi amati figli, quando a piccioni e pollastri e quando a grilli. quando tanto e quando niente o poco.
Chi quattrini non ha, moje non pija.

Chi non ha quattrini non prende moglie, cioè non può fare tanti programmi. Così, a volte, si autogiustificava, colui che parlava di progetti ma non li portava a termine.
Li spì nun fà li meraranci.
Le piante di spini non fa gli aranci. Era spesso riferito a qualche giovane che non aveva voglia di studiare, così come era noto, lo erano stati i propri genitori.
La pecora che sbèla perde lu voccò.
La pecora che bela perde il boccone. Chi parla troppo produce poco.
Chi fà per sè fà per tre.
Chi lavora per se stesso conclude, ottiene,  tre.volte tanto.
Tira lu ventu e bagghia lu cà, statte dentro e nò scappà.
Tira il vento e abbaia il cane, resta in casa e non uscire. Quando il tempo era brutto, questo proverbio serviva a giustificare ed anche a consigliare di non uscire di casa.
Lu mejo cà, la pègghio cuccia.
Al miglior cane tocca la peggio cuccia. Quando chi più meritava non riceveva la migliore ricompensa e talvolta veniva criticato di più.
Chi sputa per aria, je 'rcasca sopra Chi sputa per aria gli casca sopra.
Criticare gli altri e poi fare lo stesso errore.
Chi non risponne a prima voce, lu discursu non je piace.
Chi non risponde a prima voce il discorso non gli piace. Quando si iniziava un discorso e l'interlocutore non rispondeva subito.
'n-gnì a-'nnodu vène a pèttene.

Ogni nodo arriva al pettine. Pettinando i capelli si sciolgono tutti i nodi. Ogni colpa o difficoltà prima o poi deve essere affrontata.
La gajìna vecchia fà lu vròdu vònu.

La gallina vecchia fa il brodo buono. Come dire che non bisogna disprezzare ciò che è vecchio, o anche che le persone anziane sono quelle più esperte e che danno buoni risultati.
Vòtte piena e moje 'mbriaca.

Botte piena e moglie ubriaca. Per dire che bisogna accontentarsi poiché non si può avere tutto.
Anghe l'òcchiu vòle la parte sua
Anche l'occhio vuole la sua parte. Cioè anche l'aspetto visivo è importante.
Le frègne de la pigna le sà lu cupèrchiu.Le cose che avvengono all'interno della pigna le sa solo il coperchio. Quando qualcosa avvenuta all'interno di una famiglia non era molto chiara.
La lengua vàtte dònghe lu dènde dòle.
La lingua batte dove il dente duole. Quando un discorso si faceva insistente su un argomento di proprio interesse.
Chi 'n cumincia vène è a metà dell'òpera.

Chi ben comincia è a metà dell'opera. Si dice che tutto ciò che fai a Capodanno lo farai per tutto l’anno. Cosi per l'inizio di qualsiasi cosa è importante iniziare bene, poichè ciò consente di avvantaggiarsi per il futuro.
ALTRI PROVERBI
(ricordati e segnalati da Giuseppe Carucci)
Chi dice donna, dice dannu.Chi more giace, chi vive se dà pace.
Chi dorme 'n pija pesceChi fà pe sè fà pe trè.
Lu carbò o scotta o tegne.Lu condadì ha le scarpe grosse e lu cèrvellu finu.
Lu lupu perde lo pilo ma nò lu vìzziu
Lu Jòrnu vònu se vede de matina.
I lauri fatti de notte se vèdono de jòrnu.Jènde trista, 'nnominata e vista.
Jeède allegra, Dio l'àjuda.
Gajina che nun vècca ha 'gghià veccatu.
Finché c'è vita, c'è speranza.Gajina che cànda ha fattu l'òu.
Fa' lo vène e scordate, fa' del male e pensace.Fidasse è vène nun fidasse è mejo.
Cielu a pecorelle, piògghia a catinelle.E’ mejo lauorà con chi 'n te paga, che rajonà con chi 'n te capisce.
Chi va co lu cioppu 'mpara a cioppecà.Chi va pianu va sanu e và luntàno.
Chi troppo vuole, nulla stringe.Chi va al mulino s'infarina
Chi no ha testa, ha bone gambe.Chi no 'n tende la sua scrittura è n' asinu pe natura.
Chi no more se 'rvede.Chi no reseca no roseca.
Chi se contenda gode.Chi se fà li fatti sua, campa cent'anni.
Chi se lodò se sbrodò.Chi se 'ssomija, se pija.
Chi tace accunzente.Chi tardi arriva, male alloggia.
PROVERBI COMUNI SULLA MORALE IN DIALETTO LOCALE
Chi a 'stu munnu de tutti dice male
ci-à l'anima più zozza d'un majale
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Se anche cent'anni  potrai campà
Recordéte, c'è sèmbre dà 'mparà
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Se ci-ài che sordu e non te l'hai sudatu
De certo a quarcuno l'hai rubbatu
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Se in 'quistu munnu vòli campà bè,
non devi né sìndì né parlà e né vedé
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L'acitèllo che t'è stato regalato
È più dòce de lo mèle ch'i comprato
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La donna quanno piàgne e se dispèra
È più de sèmbre minzugnéra
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Mejo nimmìci cumme cà e gatti
Che amici farzi e mezzi matti
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Lu valore dell'acqua vène pprezzàtu
Quanno lu pùzzu è vòtu
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Piagne lu pecorà quanno fiocca
Nun piagne quanno magna la ricotta
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Chi somenta ventu,'rcoglje tempesta.
tel:
pt

Alberto Tardella
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